Il ballo del qua | PICCOLA Compagnia AB

                     
IL BALLO DEL QUA 
un progetto di
ANTONELLA BERTONI
regia e coreografia di
MICHELE ABBONDANZA e ANTONELLA BERTONI
con
TOBIA ABBONDANZA, JACOPO BERTOLDINI, NAIMA FIUMARA, MATILDE LAEZZA, EMILY MANICA, FEDERICO PETROLLI, FRANCESCO PETROLLI,
luci
ANDREA GENTILI
consulenza scientifica
MARCO DALLARI – DOCENTE DI PEDAGOGIA GENERALE E SOCIALE ALL’UNIVERSITA’ DI TRENTO
organizzazione e ufficio stampa
DALIA MACII e FRANCESCA LEONELLI
produzione
COMPAGNIA ABBONDANZA/BERTONI
con il sostegno di
COMUNE DI ROVERETO – ASSESSORATO ALLA CONTEMPORANEITA’
PROVINCIA AUTONOMA DI TRENTO - SERVIZIO ATTIVITA' CULTURALI

 

durata 50' - anno di creazione 2012  

 

I bambini sono dritti come steli
e hanno occhi pieni di stupore.

Il progetto PICCOLA compagnia Abbondanza/Bertoni non si pone come obiettivo principale la confezione di un prodotto e la sua presentazione in pubblico, ma individua piuttosto la sua vera natura e il suo senso più autentico nel percorso che si compie, nel processo della sua costruzione.
Dopo tre anni di lavoro con un gruppo di bambini ci siamo spinti oltre, mossi dalle potenzialità che abbiamo trovato in loro e dal desiderio che un’opera artistica possa “parlare” al mondo degli adulti anche attraverso corpi bambini.
Il mondo dell’infanzia ha molte cose da dirci, e l’opportunità che il teatro rappresenta per parlare alla gente, può offrire a questi bambini l’occasione per scoprire e far scoprire un senso diverso da assegnare al mondo. Parole e azioni che diventano una sorpresa per noi adulti, un po’ consegnati alla nostra rassegnazione, che li vediamo come i rappresentanti del futuro, giudicando la loro giovinezza un’età di transito e per questo incapaci di accorgerci che la loro età contiene già ben scritta la potenzialità rivoluzionaria del futuro.
Questo è, per noi, un progetto prezioso, come i bambini chiamati a realizzarlo, ma è anche ambizioso, dotato di una nota trasgressiva di cui la cultura ha bisogno, e intimamente legato al territorio: il teatro è inseparabile dalla comunità, è un evento pubblico, un fondamento della comune vita civile.
Dei bambini ci piace l’irresistibile attrazione per il gioco. E’ nel gioco e grazie ad esso che si può essere intensamente vivi, ridere, vergognarsi, ma osare. Gioco è, per i bambini, il loro non saper stare fermi, é la preziosità, le bugie, la vita che scorre, l’essere meravigliosamente inopportuni, sacri con la coscienza dell’innocenza priva di pregiudizi, é il loro salvarci dalla serietà della vita.

Abbiamo lavorato per quadri slegati da una storia, tenendoci stretta la meraviglia dello sforzo dei nostri interpreti nella concentrazione e nell’azione.
Attratti dal sospetto di un’altra bellezza, attenti a non tradire, li abbiamo condotti lontano in un non-spazio e in un non-tempo, e loro ci hanno sempre riportato qui, ora.
Come dimenticarci che se non stiamo nel presente siamo perduti, disarmati.
E quindi, ad ogni  partenza, equipaggiati di resistenza etica, col fiato sospeso stavamo in ascolto, pronti a sbagliare di nuovo, con un senso di vuoto depositato ai nostri piedi, perché ogni equilibrio dura un momento, poi si disfa.
Vedendoli lavorare si è aperta una domanda sul mondo (a cui il teatro ti mette sempre di fronte) e abbiamo preso il volo, grazie a loro, noi, un po’ più liberi ora.
“Qua” sta il lavoro di questo piccolo gruppo di bambini, uno spaccato di umanità vera, più vera del vero.
                                                          (A.B.)

IL BALLO DEL QUA. Al pubblico, ai genitori, ai bambini.

Scuola d'Azione è il luogo dove abbiamo incominciato, dopo trent'anni di palcoscenico, a provare a trasmettere quello che sapevamo (saper "fare"). Per la prima volta schiudiamo le porte per condividere le azioni pure e fragili di sette eccezionali performer. Abbiamo sempre fatto sul serio per farli giocare e quando capivano che la nostra voglia di giocare era più della loro, incominciavamo a provare. Molte volte ci siamo chiesti che cosa noi avevamo da insegnare a quegli sguardi liberi e fieri; così abbiamo incominciato a muoverci parlando di immobilità a chi non era capace di stare fermo un attimo, della possibilità in teatro, di creare il buio senza notte e il giorno anche senza sole. Allora abbiamo costruito piccoli argini, affinché i ruscelli potessero scorrere, liberi di esprimere tutta la loro forza e, diventando fiumi, prendere una direzione; magari un giorno per bagnare altre terre sconosciute e lontane dalla sorgente. Costruendo un recinto attorno, abbiamo anche dato loro, la libertà di aprirlo. Entrare, uscire. Scegliere.
Questo lavoro è frutto della loro creatività, della loro voglia di sognare e di crescere; di conoscere, di fare. Grazie alla pazienza e generosità dei genitori, alla fiducia che ci hanno sempre dato, affidandoci “incondizionatamente” quello che avevano di più caro. Grazie al professore e amico Marco Dallari, che ci “spiegava” quello che noi, per istinto ed intuito stavamo perseguendo e con il suo avvallo razionale ci rassicurava nel percorso. Mi piace ricordare i miei compagni di classe come“ bambini dritti come steli e con occhi pieni di stupore”, e che la verità, così com'è citato in Romanzo d'infanzia (il nostro spettacolo dedicato ai piccoli) è proprio nei loro fiammiferi. Buon viaggio con i magnifici sette, i sette nani ovverosia “sei per sette quarantadue più due quarantaquattro”. Questa nota di lavoro è versione tendenziosa e di parte, da parte del pluriripetente allievo (non mi sono perso una lezione: arrampicati tutti e sette nell'esercizio dell'albero, mi hanno fatto sentire Gulliver; si sono prima spaventati ma poi si sono tutti imposti nel “terribile” confronto con il permaloso custode del “Guai chi ride”...) . Tutto questo è stato possibile grazie all'ancoraggio solido e paziente della maestra...("Nooo...ve l'ho detto mille volte..non chiamatemi maestra! Antonella ! Io mi chiamo Antonella..!!"). E se permettete alla fine mi rivolgerei direttamente ai protagonisti di tutto ciò: Cari bambini, tra poco diventerete grandi e quest'opera, così come l'abbiamo pensata, svanirà,per diventare altro, chissà...magari un grande fiume in piena. Con tutto l'amore che posso.
                                                                                                                                 Il vostro, Ottavo nano
PS "Qui non c'è nessun saggio! Per forza siamo tutti bambini.." Prima di diventare "saggio", uno spettacolo deve essere "bambino". Uno spettacolo bambino è uno spettacolo che, dovendo ancora crescere, non deve dimostrare niente ma solamente essere, nella pienezza, qui e ora : insomma..Qua!
                                                                                                                                  (M.A.)

Il corpo non rappresenta la natura umana contrapposta alla mente intesa come luogo della cultura e strumento della conoscenza: il corpo stesso, fin dalla sua definizione, è un apparato simbolico e culturale.
Il nostro corpo, e il corpo di ogni bambino e bambina, é l’interfaccia sensibile che permette e determina la relazione con gli altri e con il mondo: per questo l’attenzione educativa al rapporto che i piccoli hanno con il loro corpo, come lo ‘sentono’ e come sanno utilizzarne le risorse è (o dovrebbe essere) uno degli aspetti fondamentali dell’educazione e della formazione.  Questo fondamentale aspetto pedagogico è invece piuttosto trascurato, come ben sappiamo, sia all’interno della vita scolastica, dove la corporeità è negata o frustrata, sia nelle prevalenti proposte di tempo libero, dove è monopolizzata da pratiche sportive condotte per lo più all’insegna della prestazionalità, della competitività, della ‘forza’, e negativamente influenzata da modelli di identificazione, enfatizzati dai media, quantomeno discutibili quando non clamorosamente negativi.
La risorsa educativa di un laboratorio di danza, correttamente impostato e condotto, costituisce senza dubbio una delle prospettive più idonee per una educazione motoria  corretta, attenta ad alla crescita psicofisica integrata ed equilibrata dei piccoli e dei giovani.
                                                                                 Marco Dallari

La Compagnia Abbondanza/Bertoni non prevede un pubblico di bambini.
 

 

 

 

“[…] Lo spettacolo stupisce per la concentrazione e la disinvoltura con cui i teneri performers dribblano ogni luogo comune sull’infanzia – dalla sempiterna allegria, alla celestiale bontà – per muoversi in un hic et nunc: il loro «qua». […] Il Ballo del Qua è coreograficamente dilatato, lento, ma in queste smagliature avvampano i momenti più intensi, i disegni espressivamente memorabili. D’altra parte la pièce vorrebbe ribaltare la nostra percezione del tempo seguendo quello dell’infanzia, e ci riesce”.
Marinella Guatterini, “Domenica – Il Sole 24 Ore”, 5 agosto 2012
 
“Questi sette piccoli protagonisti […] non bamboleggiano, non interpretano storielline, attraversano la scena con tutta la loro capacità di essere autentici, di essere «qua». Hanno capito, loro così piccoli, il valore del teatro, come può essere rivoluzionario se ci si crede, se ci si affida”.
Francesca Pedroni, “Il Manifesto”, 11 agosto 2012
 
“Si ride e ci si commuove, continuamente e imprevedibilmente e il «Ballo del qua» regala uno spettro di emozioni che vanno dalla tenerezza allo stupore. Lo spettacolo inanella una serie di quadri la cui organizzazione spaziale e creazione del gesto pescano dall’astrazione così come dal mondo del gioco infantile, quello che si fa in strada e che ha bisogno di pochi oggetti e molta fantasia: tra lentezza misurata, urlo liberatorio e numeri d’insieme, c’è tutta la generosità del duo trasferita nei piccoli danzatori […].  Sul palco agiscono bambini che il pubblico – di mente e cuore aperto – può vedere come dei propri «io» integri di purezza e libertà, capaci di assaporare il bello e di pensare nella lingua in cui parlano i sogni”.
Emilia Campagna, “L’Adige”, 1 marzo 2012
 
“La creazione si basa su disegni coreografici espressivi corporei, di tale precisione tecnica e artistica, da dubitare che siano veramente bambini, come se la loro presenza emanasse un qualcosa di già visto nel passato di una memoria visiva, appartenuta ad un ricordo, un sogno, un’immagine. Invece no, è tutto vero, fatto di corpi infantili, dal viso curioso, intelligente, aperto al mondo che ancora devono esplorare […]”.
Roberto Rinaldi, “RUMOR(S)CENA”, 2 luglio 2012
 
“Danzano per noi, leggeri come piume per insegnare ai grandi come guardare la realtà. La loro è una grammatica dello stupore per un volo di uccello, è il gesto candido di imitarne lo sbattere delle ali e provare il gracchiare di un corvo, è la grammatica dell’amore, dell’aiutarsi, del condividere la tristezza e la gioia. […] Le loro sono le forme primitivissime della felicità, della crescita, della spensieratezza, ma anche della paura del buio e dell’orizzonte. […] I bimbi ci offrono un prezioso abecedario che sgorga in modo così spontaneo dai loro piccoli corpi tanto da desiderare tutti di guardare, come loro, con occhi non ancora esposti alle radiazioni di una civiltà non immacolata”.
  Anna Maria Monteverdi, “ateatro”, 5 agosto 2012
 
 
                                      

C'è speranza se questo accade a Fies
Di Ugo Morelli.
Archivio Sezione Hic et Nunc

"Ma anche soltanto il cercare di dare espressione a certe realtà ‘profonde’ è un atto di impossibile traduzione”,
scrive il grande poeta Andrea Zanzotto, novantenne di Pieve di Soligo, sul Corriere della Sera dell’1 ottobre.
Tradurre in linguaggio i nostri sentimenti più profondi è, in effetti, davvero difficile, se non impossibile.
Proviamo qualcosa di simile quando dobbiamo dire perché l’arte, la musica, la danza, la poesia, la letteratura,
sono la vita stessa della civiltà. La cosa diviene immediata e facile assistendo, coinvolti emotivamente fino
all’indicibile, a uno spettacolo di danza particolare. Su un progetto di Antonella Bertoni, un gruppo di sette bambini,
quattro maschi e tre femmine, hanno messo in scena, in prima nazionale alla centrale di Fies, la sera del primo ottobre,
Il ballo del Qua – prima parte. Gli spettatori erano adulti e lo spettacolo è concepito per adulti.
Dal primo momento dell’entrata in scena allo spegnersi delle luci, col fiato sospeso, i presenti sono stati portati
in un’esperienza estetica difficile da dire con le parole. Il rigore esecutivo e la puntualità di messa in scena dei
gesti di danza di bambini da circa cinque a meno di dieci anni, hanno fornito una situazione esemplare di quello che
l’arte può fare per tutti noi. Può educare anima e corpo all’espressione attenta ed elegante di sé; può avvicinare fino
a fonderlo il mondo dei bambini e quello degli adulti; può innalzare la riflessione sulla vita e sul suo significato; può aprire
al senso del possibile. Un investimento di giornate di lavoro e di pazienza e metodo che ha avvicinato non solo i bambini alla danza,
ma ha esaltato il ruolo che può avere l’educazione, e l’educazione all’arte e alla creatività in particolare, nella vita di tutti noi.
Uno degli aspetti che persistono nella riflessione dopo lo spettacolo, è la serietà e l’impegno di scena, fino all’ultimo secondo e perfino
nel raccogliere l’applauso interminabile, delle bambine e dei bambini artisti.
Si dicono molte cose sull’educazione e se ne criticano i fallimenti. Certamente sono molte le cose da rivedere.
L’educazione artistica, tra l’altro, è la più deprecata nel paese in cui viviamo, anche se ha un poco più di attenzione in Trentino.
Se si vuole che l’educazione sia la fucina dell’avvenire, l’esempio visto alla centrale di Fies dovrebbe essere tenuto in massimo conto.
Anche per ragioni di orgoglio per un progetto che sa far dialogare locale e globale: si tratta di un’artista e di una compagnia italiana,
la compagnia Abbondanza/Bertoni, che presenta in un luogo trentino una prima nazionale di assoluta originalità e eccellenza.
Perché ciò è possibile? Per la grande professionalità e per il respiro internazionale che i protagonisti hanno saputo darsi.
Essere condotti da quei bambini nelle figure della danza ha portato chi guardava lungo le vie della bellezza di un presente e di un futuro possibili.
L’auspicio è che sia solo l’inizio e che quei passi di danza continuino a creare. C’è speranza se questo accade a Dro.

 

 
2011. I parte  – Enfant Terrible –  Centrale Fies – Dro (TN).
 
2012. Prima assoluta  - Auditorium Melotti – Rovereto; Castello Pasquini – Festival Inequilibrio – Castiglioncello (LI); Festival Bolzano danza - Teatro Comunale di Bolzano.
 
2013. Teatro Cuminetti – Trento; Teatro I.Nieri – Ponte a Moriano (LU).

 

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