INTERROG_AZIONI

Salve! 
Ho la mia domanda da porvi: può il teatro danza essere un mezzo per curare la depressione?
Vi mando tanti tanti abbracci.
Giovanna Rivi

M.A. Melius Abundare
(quam deficere)​

Il bugiardo non è mai depresso

Cara Giovanna, grazie della domanda. 

Però è un po’ come chiedere: “Può l’otorinolaringoiatria essere un mezzo per ballare meglio?”. Oppure: “Può la psichiatria, essere un mezzo per migliorare la qualità e la presenza di studenti di danza e/o degli interpreti di uno spettacolo? Nello sport si chiamerebbe “fare un assist”, diciamo.

La tua è una domanda nobilmente retorica, un bagher sottorete per una schiacciata che andrebbe sicuramente a punto. Schiaccio? Schiaccio!
“Certo, tutto aiuta se lo fai volentieri!!” E giù a schiacciare col buonsenso a buon mercato e dal mercato alla fiera (delle banalità) ci vuole un attimo, soprattutto rispetto ad un argomento estremamente delicato e ancora in realtà piuttosto sconosciuto come quello che proponi.

Mi sembra di poter dire che prendendo in considerazione le situazioni di lavoro amatoriali e scolastiche, genericamente di “formazione” intendo, quel “certo” di cui sopra, sia ancora più convinto; non parliamo poi del ruolo fondamentale della preparazione degli insegnanti che possono essere appunto “croce e delizia”.

Mi starebbe però a cuore chiarire che credo che l’Arte, così come lo studio di qualsiasi tecnica artistica professionale, debba “succedere” per amore e per passione di quell’arte e non come mezzo per ottenere, guarire, raggiungere qualcos’altro. Può essere un indotto successivo quello di prendere confidenza, rafforzarsi sotto l’aspetto psico-fisico e l’unico mezzo che il teatrodanza e l’arte in genere, affrontata in maniera seria e professionale, ti può mettere a disposizione è quello di mettere a fuoco la tua vocazione (teatrale, artistica), solo attraverso una profonda motivazione.

Questa profondità deve necessariamente escludere ogni riferimento autoreferenziale. Per quanto vitale sia. Le malattie guariscono solo quando i presupposti di qualsiasi iniziativa sono sani. Sano in teatro significa scevro da ogni tipo di ego. Quindi non “Voglio guarire”, ma “Voglio guarire il mondo, così guarisco anch’io!” Il grande Eduardo (De Filippo), diceva che per fare teatro ci vuole innanzitutto. “A salute” (napoletano d.o.c., aggiungo per i più giovani che magari non lo conoscono, vergogna!).

Questo per dire che il mestiere della scena a furia di farlo ti crea già di per sé un’allucinazione della realtà (fare scena, uscire di scena), che ad un certo punto, soprattutto nella fase creativa di un progetto, non riesci quasi più a distinguere il vero dal falso.

I bugiardi seriali (permettetemi la sintesi), cioè chi fa teatro - e quindi danza - non possono permettersi di essere mai depressi, anche perché, contraddicendo la regola prima dell’arte scenica, si troverebbero faccia a faccia con la verità…che verità…che in scena non si dice mai senza pagare un fio al M.A. Melius Abundare (quam deficere) patetico e al retorico.

A quel tipo di verità ci pensa già la realtà, di per sé stessa già fin troppo teatrale.

 

(nella foto: Try, Compagnia Abbondanza Bertoni, ph. Andrea Macchia)

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